Ieri sera, mi sono imbattuto nell’articolo intitolato “Gaetano Armao nel Cda della ‘Fondazione Luigi Einaudi’. Ma perché solo uomini?”, redazionale de “I Nuovi Vespri” (http://www.inuovivespri.it/2018/04/10/gaetano-armao-nel-cda-della-fondazione-luigi-einaudi-ma-perche-solo-uomini/#_), nell’incipit  del quale il giornalista formula due laconiche domande, formulate in modo apparentemente retorico: 1) Una legge dello Stato non prevede che in tutte le istituzioni di nomina pubblica una quota debba valorizzare le donne? 2) La ‘Fondazione Luigi Einaudi’ è esentata dall’applicazione di tale legge?

La professoressa Signora Patrizia Livreri si presta gentilmente a rispondere alle domande dell’intervistatore e si dichiara “non solo stupita” ma “amareggiata” dal fatto che il CdA della Fondazione Einaudi sia costituito soltanto da uomini. La professoressa Livreri, inoltre, annuncia che si muoverà “per chiedere lo scioglimento del Cda della ‘Fondazione Luigi Einaudi’ per palese violazione della legge sulle quote di genere”.

A questo punto, sarebbe opportuno fare qualche precisazione e rispondere in modo chiaro e non retorico alle domande dell’intervistatore.

“1) Una legge dello Stato non prevede che in tutte le istituzioni di nomina pubblica una quota debba valorizzare le donne?” La domanda è mal posta, poiché si basa sulla congettura che la Fondazione Einaudi sia una “istituzione di nomina pubblica” e tale non è, visto che la Fondazione Einaudi è una persona giuridica di diritto privato, sottoposta alle norme di cui al Capo II, del Titolo II, del Libro I del Codice Civile.

Pertanto, nessuna “legge dello Stato” obbliga una Fondazione privata, così come qualsiasi altra associazione, ad eleggere una percentuale qualunque di donne (o di uomini) nei propri organi esecutivi o rappresentativi.

Nell’articolo tuttavia, si percepisce, ma potrei sbagliarmi, che intervistatore ed intervistata si riferiscano alla Legge 12 luglio 2011, n. 120 (c.d. Legge Golfo-Mosca), la quale ha aggiunto all’articolo 147 ter T.U.F. il comma 1 ter. Quest’ultimo prevede che “Il genere meno rappresentato deve ottenere almeno un terzo degli amministratori eletti”. Dovrebbe essere evidente, però, che tale norme non ha carattere generale e si riferisce esclusivamente alla composizione dei Consigli di Amministrazione delle società quotate in borsa e, nel caso di specie, c’entra “come i cavoli a merenda”.

Quindi, per rispondere alla domanda n.2 “La ‘Fondazione Luigi Einaudi’ è esentata dall’applicazione di tale legge?”, la risposta è assolutamente affermativa. La Fondazione Einaudi non è una società quotata in borsa e pertanto è esentata dall’applicazione della relativa legge di settore.

Voglio pertanto rassicurare la professoressa Livreri che la Fondazione Einaudi rispetta scrupolosamente tutte le leggi dello Stato, alle quali debba conformarsi, e La invito a non “muoversi” per chiedere inutilmente “lo scioglimento del Cda della ‘Fondazione Luigi Einaudi’”, evitando così di sottrarre tempo ed energie all’importante impegno accademico.

Una considerazione finale.

La questione delle Quote Rosa, non mi appassiona affatto, la ritengo aberrante e paradossalmente discriminatoria in principio.

Poiché, da liberale, sono fortemente contrario ad ogni forma di discriminazione, giudico le donne al pari degli uomini, non essendovi possibilità di alcuna differenza, le intelligenze ed il merito prescindono dal sesso e dall’orientamento sessuale.

Al contrario, trincerarsi dietro il principio formalistico di riservare ex lege una quota di qualsiasi cosa (dai CdA, ai Seggi in parlamento, etc.) alle donne in quanto tali, ovvero agli uomini in quanto tali, lo trovo fortemente discriminatorio e non utile a selezionare la forma migliore di rappresentanza.

Il fatto che nel CdA della Fondazione Einaudi vi siano soltanto uomini non è la dimostrazione di un agire sessista dell’Assemblea che elegge l’organo, bensì una pura casualità, tant’è che molte donne di indiscusso spessore culturale (l’unica cosa che conta per la Fondazione Einaudi) collaborano organicamente con l’Istituzione. Le porte del “tempio dei liberali italiani” sono aperte a tutti gli uomini ed a tutte le donne, in maniera indiscriminata, che vorranno condividere con noi, i valori del liberalismo ed impegnarsi affinché questi valori possano affermarsi definitivamente in ogni settore della vita pubblica.

Sono d’accordo con John Dryden, nel ritenere che “l’uguaglianza deve essere quella delle opportunità, non può essere ovviamente quella dei risultati” e in tutta serenità mi sento di rassicurare i lettori che la Fondazione Einaudi, in termini di opportunità garantisce la piena uguaglianza di donne e uomini.

Facebook Comments