L’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali a difesa delle differenze, UNAR per gli amici, è divenuto noto alle cronache grazie ai fondi (€ 55.000,00) assegnati a quello che appare un esercizio commerciale travestito da associazione culturale, nel quale – come extra – verrebbero praticate prestazioni sessuali gay a pagamento da parte di oleosi massaggiatori.

Quello che rileva, in questa vicenda, non sono tanto i reati connessi alle eventuali false dichiarazioni del presidente di questa associazione “culturale”, sulle attività e finalità del sodalizio e nemmeno la probabile iscrizione del nominativo del direttore dell’UNAR, tra i soci della associazione beneficiaria dei fondi. Per questo, sarà la Procura di Roma a perseguire i reati, se ce ne sono.

Quello che suscita indignazione è, prima di tutto, l’enorme flusso di finanziamenti pubblici che vengono “allegramente” erogati ad associazioni che perseguirebbero l’obiettivo di promuovere la lotta contro le discriminazioni fondate sulla razza e l’origine etnica od altre differenze umane. Le discriminazioni, di qualsiasi tipo e natura, si combattono, prima di tutto, accrescendo la cultura di un popolo ed accrescere la cultura significa conoscere prima di tutto se stessi, la propria storia e le proprie tradizioni, non soffermandosi alle apparenze. Solo chi non possiede questa cultura può discriminare. Il fatto, poi, che per erogare questi finanziamenti, sia ritenuto necessario istituire un organismo ad hoc, qual è l’UNAR, ci fa ben comprendere a quale livello di burocratizzazione sia giunto il nostro Paese.

Evidentemente, per diffondere le sacrosante ragioni a tutela delle diversità e contro ogni discriminazione, in Italia non basta la macchina burocratica più imponente dell’intero Occidente; non basta il ministero dei beni e delle attività culturali, non basta il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca; ci voleva l’UNAR, con il suo direttore generale, tre dirigenti di segreteria, due dirigenti di servizi, quindici funzionari e quattro consulenti esterni. Venticinque soggetti che, per legittimare se stessi ed il loro “lavoro”, non possono fare altro che aggravare i procedimenti amministrativi (nel migliore dei casi duplicarli), rallentando ulteriormente la pachidermica burocrazia.

Burocrazia che ha un costo diretto elevatissimo ed un costo indiretto, fatto di perdita di competitività delle imprese, perdita di investitori stranieri, ancora più elevato.

Mi auguro di vedere presto un’Italia senza UNAR ed inutili burocrati.

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