Le libertà decadenti è il titolo che abbiamo voluto dare a questa pomeridiana conversazione, poiché vogliamo focalizzare l’attenzione sulla situazione di decantismo liberale, che sembra aleggiare concretamente sul nostro Paese e sull’intera Europa. I movimenti populisti e demagogici si alimentano della rabbia della gente, innescata dalle crescenti difficoltà economiche congiunturali e spingono verso modelli politici che mettono a serio rischio le libertà fondamentali, fino ad ora riconosciute come inviolabili nell’intero Occidente.

Sappiamo troppo bene che questi movimenti demagogici e populisti prosperano laddove vi è incultura ed un basso livello di consapevolezza politica e istituzionale.

Confortati da molti dati statistici, noi crediamo che in Italia il numero di persone consapevoli della situazione politica ed istituzionale e finanche il numero di chi coltiva una sana coscienza civica vada quotidianamente degradando.

“Libertà decadenti” perché alcune libertà fondamentali rischiano di essere private della loro effettività e rimanere lettera muta della nostra costituzione

In questo quadro socio-politico, riteniamo che la libertà di manifestazione del pensiero riconosciuta dall’art. 21 della Costituzione sia pericolosamente minata, nell’ambito della sua effettività, dal crescente ricorso a “fake news” e sostanziale impunità di chi, soprattutto on line, lede la reputazione di qualcun altro.

La libertà di associazione, cristallizzata nell’art.18, altro fondamentale pilastro delle garanzie costituzionali, sembra perdere di consistenza, di fronte a tendenze culturali, mediatiche e politiche che negli ultimi mesi hanno catturato l’interesse dell’opinione pubblica.

Per introdurre la tematica odierna, sono andato a rivedere i lavori preparatori dell’Assemblea Costituente e precisamente il dibattito che c’è stato tra gli eletti dell’Assemblea e tra i componenti della prima sottocommissione “Diritti e doveri dei cittadini”, in merito al testo degli artt. 18 e 21.

L’art.18 stabilisce che “1) I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. 2) Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.”

Vi furono diverse proposte di emendamenti al testo poi approvato, uno dei quali, proposto dai relatori Basso e La Pira, prevedeva di aggiungere “preventiva” a “senza autorizzazione” ma il brillante intervento di Roberto Lucifero d’Aprigliano, monarchico e liberale, che fu anche segretario del PLI fino al dicembre del 1948, ottenne la soppressione di quell’aggettivo, ritenuto limitativo, poiché poteva far pensare che il legislatore, pur non potendo imporre autorizzazioni preventive, ne potesse tuttavia imporre di successive alla costituzione della associazione.

Il secondo comma prevede la proibizione delle associazioni segrete e di quelle che perseguono scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare. Fermi restando gli ampi spazi indicati nel primo comma dell’art.18, la prima sottocommissione si divise sul significato da attribuire alle parole “associazioni segrete” e vi fu un serrato dibattito tra l’on. Della Seta ed il presidente della prima sottocommissione on. Tupini, che portò la medesima sottocommissione a presentare al vaglio dell’assemblea plenaria due diverse proposte di formulazione; delle due, venne approvata quella del testo vigente, più asciutta, rispetto a quella proposta dall’on. Della seta, che prevedeva, nella sua formulazione, degli indici dai quali si sarebbe riconosciuta una associazione segreta. Quella formulazione, apparentemente più precisa e didascalica, avrebbe certamente creato maggiori difficoltà interpretative, rendendo meno elastica e generale la norma costituzionale.

La prima sottocommissione trovò un consenso unanime, comunque, nel definire segrete quelle associazioni “che cercano di celare la loro esistenza”, lasciando un perimetro costituzionale di libertà particolarmente ampio.

È importante sottolineare l’estrema serenità e lungimiranza dei costituenti che, nonostante fossero appena usciti da un periodo oscuro per ciò che riguarda l’esercizio delle libertà civili, hanno avuto il coraggio di adottare norme largamente libertarie. Mi sento di affermare che oggi, alcune forze politiche demagogiche che rischiano di diventare maggioritarie nel nostro Paese, non avrebbero la stessa serenità e lungimiranza, nel caso in cui fossero chiamate ad riscrivere l’art.18 della Costituzione.

In effetti, assistiamo, da parte di una crescente fascia di popolazione, a fenomeni degenerativi e liberticidi che meritano di essere analizzati a fondo e stigmatizzati, laddove puntino a limitare la libertà di chi intenda associarsi per fini che non siano in contrasto con le leggi penali, il riferimento più immediato è al recente dibattito innescato dai provvedimenti di sequestro degli elenchi degli iscritti, subiti dal Grande Oriente d’Italia e dalle altre analoghe associazioni massoniche italiane ed anche ad un progetto di legge, proposto da un componente della commissione parlamentare antimafia, che ha ricevuto il plauso bipartisan di chi agita demagogicamente le folle, guardando solo il dito che indica la luna.

L’art. 21 della Costituzione stabilisce che “1) Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. 2) La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. […] 6) Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume”. Tale formulazione definisce il contenuto del diritto di manifestazione del pensiero e pone, quale unico limite costituzionale cogente, al suo libero esercizio, quello del rispetto del buon costume.

Il diritto di manifestare il proprio pensiero e quello di farlo attraverso la stampa e gli altri mezzi di informazione hanno imposto un necessario collegamento tra la libertà di informazione e le forme proprie di una democrazia pluralista, che per essere tale richiede un’opinione pubblica consapevole, cioè, prima di tutto, informata.

Nel tempo, la tutela apprestata dall’art. 21 Cost. dal profilo attivo della libertà di informare è stata estesa, attraverso alcune pronunce della Corte Costituzionale, al profilo passivo della ricezione delle notizie, lungo le direttrici fondamentali del riconoscimento di un “diritto ad essere informati”, da soddisfare con interventi positivi a opera dello Stato, e del pluralismo quale valore primario sotteso all’intero sistema dell’informazione, assicurando la possibilità di accedere alla pluralità delle voci presenti nella società (c.d. “pluralismo interno”), sia a una molteplicità di fonti informative in concorrenza (c.d. “pluralismo esterno”).

Tale “diritto passivo” viene direttamente e immediatamente tradotto in diritto soggettivo dell’individuo, di carattere assoluto, assistito dalla clausola di inviolabilità di cui all’art. 2 della Costituzione.

Le statiche sulla vendita di quotidiani (cartacei ed online), pubblicate periodicamente da “Accertamenti Diffusione Stampa”, attestano un preoccupante calo medio delle vendite, nel solo 2016, pari a circa il 18% ed il trend sembra proseguire anche per l’anno 2017.

Il calo di vendita dei quotidiani ha certamente più di una causa ma contribuisce a sviluppare quell’incultura e quella disinformazione che sono il terreno di coltura della demagogia liberticida che, le istituzioni culturali liberali, come la Fondazione Einaudi, cercano operosamente di avversare.

Il drammatico calo di ascolti dei Tiggì nazionali ed il crescente ricorso a canali alternativi di informazione, soprattutto attraverso i social network, rendono l’intero sistema dell’informazione fluido e difficilmente verificabile. Grazie al regime di anonimato che la rete, in qualche modo garantisce, vi è una sostanziale impunità per chi dolosamente crea e diffonde notizie false, al fine di danneggiare qualcuno. C’è bisogno di una adeguata comprensione del problema e di uno studio delle motivazioni alla base della diffusione delle fake news.

Le notizie false sono in aumento a causa del modello sul quale si basano i mezzi di comunicazione, il modello commerciale-pubblicitario, che si occupa di convincere l’utente, il lettore, a cliccare per visualizzare i contenuti e, con questo, garantire un guadagno crescente a chi ha pubblicato quella notizia.

Una notizia falsa può risultare più accattivante e così, “acchiappare più clic”. Le fake news sono, certamente, più redditizie delle notizie vere e proprie ed anche i giornali “storici” e più blasonati abbelliscono molte notizie con titoli od immagini accattivanti.

Per limitare il fenomeno delle fake news e regolamentare il settore è stato recentemente presentato un Disegno di Legge ma l’iter legislativo sembra prospettarsi lungo e complicato.

Vi è poi il fenomeno della naturale persistenza on-line di eventuali notizie false o lesive della reputazione, che fa nascere l’esigenza di tutela del c.d. Diritto all’Oblio, cha ha trovato una forma embrionale di riconoscimento anche nelle prime pronunce dell’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali ma che, negli ultimi anni, a causa della crescente strumentalizzazione, sembra avere trovato un brusco arresto.

In questo settore, in così rapida evoluzione servono strumenti anche giuridici innovativi, capaci di contemperare i diversi e complementari aspetti della libertà di espressione e della tutela alla riservatezza, avendo ben chiaro però che la libertà di espressione costituisce di per sé la garanzia di tutti gli altri diritti costituzionali e che, come diceva Friedrich von Hayek nel suo saggio “La società libera”: “La libertà è essenziale per far posto all’imprevedibile e all’impredicibile; ne abbiamo bisogno perché da essa nascono le occasioni per raggiungere molti dei nostri obiettivi”.

Rassegna stampa dell’evento: Agenparl-27.04.2017

La registrazione audio/video del convegno è stata curata da radioradicale.it ed è raggiungibile al seguente URL:

*testo tratto dalla relazione tenuta nel convegno “Le libertà decadenti”, organizzato dalla Fondazione Luigi Einaudi, il 27.4.2017, nella sala del refettorio di palazzo San Macuto, in Roma.

Facebook Comments